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17
Nov

GEL CREA TESSUTI NEL CORPO: IL TRAGUARDO DEL TEAM DI ELVASSORE

Il chirurgo Murray effettuò nel 1954 il primo trapianto della storia. Oggi, dopo poco più di sei decenni, migliaia di chirurghi in tutto il mondo eseguono questo tipo di intervento, le cui tecniche hanno raggiunto ragguardevoli livelli di sofisticatezza. Non solo: fino a pochi anni fa davamo per scontato che il materiale trapiantato provenisse direttamente da un altro essere umano. Oggi la speranza di generare tessuti artificiali praticamente ex novo si fa sempre più concreta. Questa speranza ha un nome: 3D bioprintig o, ancor meglio, intravital 3D bioprinting. Il gruppo coordinato dal Principal Investigator Nicola Elvassore, in una collaborazione tra VIMM e Università di Padova, ha aggiunto un importante tassello alla ricerca grazie a esperimenti condotti sui topi. Si tratta della scoperta di un gel fotosensibile.

Il loro studio è apparso a giugno sulla prestigiosa rivista Nature Biomedical Engineering e incarna tutto il potenziale scientifico degli approcci interdisciplinari.

Il team del P.I Nicola Elvassore

Il team del P.I. Nicola Elvassore

Attraverso la bioingegneria, una disciplina che utilizza strumenti tecnologici propri dell’ingegneria per far fronte alle problematiche relative alle scienze della vita, i ricercatori hanno messo a punto un gel che in futuro potrebbe essere utilizzato per riparare o ricreare tessuti danneggiati. Nel 3d bioprinting classico la stampa del tessuto o dell’organo viene dapprima creata e in seguito, attraverso una procedura chirurgica, inserita nel corpo. Il gruppo di Elvassore ha invece messo a punto la Intravital 3D bioprinting, tramite la realizzazione del gel fotosensibile. Quest’ultimo può essere combinato con cellule donatrici, iniettato nell’organismo e, grazie a un laser infrarosso che non compromette i tessuti circostanti, solidificato.

In tal modo i tessuti e gli organi riparati o ricreati potrebbero “apparire” direttamente all’interno del corpo, senza la necessità di praticare interventi di chirurgia invasiva. Sebbene i trapianti attuabili con questa tecnica rappresentino ancora un obiettivo da raggiungere, in questo studio un risultato concreto è stato raggiunto.

Questa tecnica da un lato permetterebbe quindi di operare attraverso modalità mininvasive, dall’altro non richiederebbe risorse biologiche difficili da reperire. Sappiamo infatti che ottenere tessuti e organi con un’adeguata compatibilità tra donatore e ricevente non è mai banale e spesso gli ospedali ne lamentano la carenza. Se fosse possibile però ricrearli a partire da cellule staminali, basterebbe probabilmente un semplice prelievo di sangue o di urina.

Non sappiamo con certezza quando tutto ciò diventerà una realtà clinica. D’altronde, anche se dagli anni ’50 a oggi abbiamo compiuto passi da gigante in questi campi, anche la biomedicina è scienza. E la scienza non procede quasi mai per balzi, ma per piccoli, costanti, decisivi passi.

 

 

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